“PARLIAMONE INSIEME”

L’associazione “Terra Donna”, che ha sede presso il CST di Domodossola, in Via Canuto 12, ha organizzato una nuova iniziativa nello scorso mese di Maggio, “PARLIAMONE INSIEME”, una serie di incontri che si sono succeduti  per tre giovedì consecutivi presso la Cappella Mellerio.

Un unico filo ha unito le tre serate in cui si è articolato l’evento: condizione femminile e violenza di genere.

Nel corso del primo incontro, ”Il Principe Rosso. Rispetto e violenza”(10/05/18), la dottoressa Camilla Moro Saporiti, psicoterapeuta e scrittrice, membro della Associazione Psicologi del VCO, ha ripercorso la storia della presa di coscienza della condizione femminile a partire dagli anni ’70, presa di coscienza sfociata in lotte che lentamente hanno scardinato e rimesso in discussione la mentalità, fortemente maschilista, che caratterizzava la società italiana.

Questo processo, tuttavia, secondo la dottoressa Saporiti, ha subito un arresto, anzi, un’inversione di tendenza negli anni ’80, con l’avvento della TV commerciale, assai deleteria per l’immagine femminile, col risultato che, bombardate da modelli commerciali che esaltano solo la bellezza fisica e l’aspetto esteriore, le giovani appaiono sperse,  a volte inconsapevoli dei loro diritti nel relazionarsi con gli uomini.

Parallelamente alla commercializzazione della figura femminile nella pubblicità, del mito “apparire piuttosto che essere”, la TV ha diffuso anche la moda del “gossip”, delle principesse e del matrimonio da fiaba, spesso preludio ad unioni che, quando poi si prende coscienza della realtà, sfociano a volte in tensioni e separazioni drammatiche, con strascichi violenti.

Serena Dandini, nel testo “Ferite a morte”, ha rielaborato teatralmente casi di donne uccise da un compagno aggressivo, facendole parlare della vicenda in prima persona, con toni asciutti, senza retorica, che ne mettono in evidenza la sottomissione e l’errore  fatale di credere, nonostante angherie ed umiliazioni, che l’amore infine possa rimettere le cose a posto.

La seconda serata del 17 Maggio, “Siamo con te”, ha affrontato innanzitutto il tema della violenza esercitata dal partner nei suoi vari aspetti : economico, psicologico, culturale, fisico, sottolineando che, in relazione a questo problema sociale, l’Italia nel 2017 è purtroppo risultata 82a nella classifica delle nazioni che hanno il maggior rispetto possibile del ruolo della donna nella società.

Nello specifico, il dott. Claudio Didino, direttore della struttura complessa di medicina e chirurgia d’accettazione e urgenza di Borgomanero, affiancato dai CPSI del Pronto Soccorso, Laura Ferraris e Michele Annunziata, ha illustrato in modo chiaro ed esauriente i punti cardine ed il percorso psicologico e sanitario in cui si articola il “Codice Rosa”, già operante a Borgomanero ed in via di attuazione a Domodossola.

Questa struttura di accoglienza per le vittime di violenza o supposte tali ricalca le linee guida nazionali del 2017, indirizzate alle aziende ospedaliere, linee che indicano come comportarsi quando una donna si presenta al Pronto Soccorso con lesioni che rivelano sospetti maltrattamenti, quali ad esempio fratture del braccio o  della mandibola.

Il protocollo del “Codice Rosa” si articola in tre fasi : ACCOGLIENZA- TRIAGE-VISITA PER ACCERTAMENTI. La fase “Triage” appare di gran lunga la più delicata : in essa si individuano le lesioni, ma nel contempo c’è la necessità di saper ascoltare la vittima con molta sensibilità, stabilendo con essa un rapporto empatico.

Alcuni segnali si possono già cogliere dal partner che l’accompagna, ma che tuttavia sarà necessario allontanare, se ciò impedisce un clima di confidenza. Le domande, con il tatto che la situazione richiede, devono essere dirette, volte a far emergere il sommerso e magari anche traumi pregressi, che aiutano a completare il quadro.

Il “Triage” dovrebbe avvenire in un ambiente sicuro e riservato, per creare un rapporto di fiducia con la vittima. Una volta ottenute le informazioni necessarie, si individua un codice di priorità e si attiva l’intervento professionale, unitamente alle foto delle lesioni ed alla compilazione della scheda anamnestica, che serve anche in sede giudiziale.

La fase successiva prevede che la vittima venga informata sui servizi presenti sul territorio(sportelli donna, centri di accoglienza, case protette), affinché non si senta sola di fronte alla eventuale decisione  di allontanarsi dal partner violento. Qualora vi fosse il sospetto di pericolo per la donna che volesse tornare al domicilio, si fa di tutto per spingerla a mettersi in protezione (è prevista anche la “stanza rosa” con degenza fino a 72 ore).

L’appuntamento di Giovedì 24 Maggio verteva sul tema “Manipolazione affettiva e violenza di genere. Dagli abusi al femminicidio”, trattato dall’avv. Marika  Pisano sotto il profilo legislativo.

Partendo dalla definizione di “violenza di genere” secondo l’ONU(“ogni atto che abbia conseguenze fisiche o psicologiche”), Marika Pisano ha scelto di iniziare il discorso con un filmato, “Uccisa in attesa di giudizio”. Percorso classico: lei vittima di stalking, lui violento e possessivo. La donna va dall’avvocato, che sollecita il giudizio, ma ad udienza già fissata e poi rinviata, il partner comincia a portarle fiori, si scusa, lei accetta di parlare della loro situazione, ma nel corso di una nuova crisi verrà uccisa.

Le fasi della violenza passano in genere attraverso tre momenti: “innamoramento” (sorta di infatuazione, di “luna di miele” che distoglie dalla realtà), ”tensione” (il dominante scarica sulla partner le proprie pulsioni aggressive), “esplosione” della violenza verbale, psicologica e fisica. A questo punto talvolta la vittima denuncia, ma il più delle volte perdona, sentendosi inadeguata o addirittura responsabile  di aver provocato l’atto violento.

Solo il 7% delle donne  denuncia le violenze subite e solo il 18% le considera reato.

Purtroppo i tempi della giustizia sono lunghi e le partners maltrattate spesso rinunciano ad intraprendere il percorso giudiziario perché non sono economicamente indipendenti e temono di perdere i figli.

Dal 2013 la legge 219  sul femminicidio tutela maggiormente le vittime di violenza: stabilisce, in caso di stalking, l’allontanamento del maltrattante dalla casa familiare, assicura alle donne che denunciano il gratuito patrocinio e una corsia preferenziale per il dibattimento.

Infine, la legge  4 del 2018 tutela gli orfani e decreta il sequestro conservativo dei beni del reo per risarcire i danni ai figli della vittima. Il reo inoltre dovrà pagare un danno la cui entità verrà fissata nel corso del processo e gli saranno negate sia l’eredità della moglie sia la pensione di reversibilità (ciò che invece avveniva fino al 2017!).

Portando all’attenzione del pubblico questi temi delicati e di scottante attualità, l’associazione Terra Donna ha compiuto uno sforzo notevole, proseguendo nel solco del sostegno, ormai decennale, alle vittime di violenza.

 

Gabriella Gentile